IlNapoli Teatro Festival 2017parte dalla piazza del Plebiscito, gremita e piena dellavoglia di scaldarsi alla Luce del Sud cantata da Franco Battiato.
“L'era del cinghiale bianco”: il Napoli Teatro Festival 2017 si apre con quella new wave del 1979 che Franco Battiato non fa mai passare di moda, la stessa ispirazione con cui concluderà il concerto stesso, accompagnando i saluti alla piazza con la sua "Stranizza d'amuri".
Passato e presente
“Up Patriots to Arm”, “No Time No Space” e “Shock in My Town” sono le successive, ancora nel pieno del boato dell'accoglienza di un pubblico che scendeva nella piazza più rappresentativa della città con i numeri ed i volti delle grandi occasioni, trovando anche un sistema di sicurezza particolarmente attento e disposto secondo gli ultimi accorgimenti, fra barriere anti-sfondamento e controlli rigorosi.
La Luce del Sud si accende dunque fra le passioni musicali del Maestro venuto dall'Etna e la terra magmatica del Vesuvio, intervallando la musica, padroneggiata dalla Electric Band e dalla Symphony Orchestra, con le parole antiche e moderne del “Libro secondo: dalla sapienza poetica” de «La scienza nuova» di Giambattista Vico, lette da Mimmo Borrelli, seguite dall'«Addio al Mezzogiorno» di Wystan Hugh Auden, dopo l'apertura della prosa avvenuta con i «Canti lungo la fuga» di Ingeborg Bachman affidati ad Imma Villa.
Disagi e passioni
I posti a sedere sono stati riservati alle associazioni che operano in vari mondi legati al disagio: i ragazzi di Nisida e le donne vittime di violenza, simbolicamente mettendo in prima fila coloro che non ci sono mai stati nella vita; ed è davanti a loro che è apparsa l'icona ineffabile di un Franco Battiato in giacca rosa salmone, codino ed occhiali, che per due ore ha scaldato la luce con un florilegio talmente ampio cui attingere, da non poter inevitabilmente soddisfare tutti i desideri dello spettatore, che spera sempre in quella sua canzone preferita mentre sul fondo scorrono le videoinstallazioni di Antonio Biasiucci.
“Vogliamo un festival popolare - così ha introdotto il Direttore Ruggero Cappuccio - inteso non come facile consenso bensì come crescita interiore delle persone”: di certo cantare tutti insieme “Le nostre anime”, “I giardini della preesistenza”, “Povera patria” e tante altre, gli sarà sembrato un movimento in sintonia con le aspettative.